L'inverno di Bird by Louise Doughty

L'inverno di Bird by Louise Doughty

autore:Louise Doughty [Doughty, Louise]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Bollati Boringhieri
pubblicato: 2024-02-29T23:00:00+00:00


16.

L’appartamento in centro in cui mi ero trasferita era diametralmente opposto rispetto alla casa dei miei sogni: un nuovo edificio asettico che distava non più di dieci minuti dall’ufficio, e per certi versi somigliava esso stesso a un ufficio: pareti bianche, stanze echeggianti, un angusto cucinotto in acciaio inossidabile. Era arredato con un mobilio essenziale, armadi a muro ed elettrodomestici. Non portai niente con me a parte i vestiti e i miei effetti personali, ben consapevole che avrei vissuto una vita puramente funzionale, almeno per il momento. A volte mi sembrava di essermi trasferita in Alaska. Era proprio quello che mi serviva.

Mi appassionai alle cose di dimensioni ridotte: comprai un piccolo astuccio per gli articoli da bagno e decisi che da quel momento avrebbe dovuto contenere tutti i miei prodotti, incluso uno spazzolino da denti pieghevole. Cominciai a indossare biancheria sportiva, buttando via il ressigeno di pizzo bianco e tutti gli altri di quel genere, i tanga, le sottovesti effetto vedo non vedo che mi ero comprata ai tempi in cui volevo fare colpo sui miei amanti occasionali o per masturbarmi davanti allo specchio bevendo qualcosa un venerdì sera in cui non c’era niente in tivù. Li rimpiazzai con mutandine nere senza cuciture, di un tessuto talmente sottile che era come indossare uno strato scivoloso di pelle aggiuntiva, e soprattutto, quando le piegavo erano così ordinate che dieci paia disposte piatte in fondo a un borsone occupavano lo stesso spazio di una busta.

Non comprai neanche una pianta, non appesi quadri o specchi alle pareti: ogni elemento decorativo scomparve dalla mia vita. Contava solo l’utilità. Presi una piccola teiera e una tazza di vetro, e cominciai a bere tisane al gelsomino, ammirando la bevanda traslucida e al contempo la trasparenza dei recipienti in cui la servivo. Scorrevo i raffinati siti di design per convincermi che fosse una scelta stilistica, ma in fondo al cuore sapevo che c’era sotto qualcos’altro, qualcosa che non avevo ancora capito.

Casa mia non c’era più. Flavia era morta. Sembrava che stessi perdendo tutte le mie identità precedenti come una lucertola durante la muta. Avevo perso anche la mia competenza.

Certe volte mi chiedevo se mi stessi ammalando.

Dopo la conferenza di Cheltenham, Kieron e io ci comportammo normalmente al lavoro, e immaginai con sollievo che fosse uno di quegli uomini che perdevano interesse subito dopo averti portata a letto. Poi una sera, mentre uscivamo insieme dall’ufficio superando le porte girevoli e uscendo sulla piazza, mi disse: «Ti va un drink?»

Non avevo nessuna intenzione di cominciare a frequentarlo, ma sapevo che dovevo respingerlo con estrema cautela. «Magari» risposi facendo il possibile per mostrarmi dispiaciuta, «ma ho promesso a un’amica di andare da lei».

La prese abbastanza bene. «Sarà per un’altra volta».

Scese di corsa i bassi scalini di cemento prima di me, e arrivato in fondo si fermò, si girò e disse: «Oppure una volta potrei venire da te con una bottiglia di vino?»

«Certo» ribattei con un sorrisetto allegro, e lui si allontanò nella sera.

La sua sincerità era ammirevole. Non stava fingendo nessun romanticismo, non voleva una relazione vera e propria, solo una scopata ogni tanto.



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